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Il “nuovo” contratto a termine, a seguito del D.L. n. 48/2023.

Com’è noto, il D.L. 4 maggio 2023 n. 48 è intervenuto sul contratto a termine (tempo determinato) apportando notevoli modificazioni a detta tipologia contrattuale.

Nei giorni scorsi, il Ministero del lavoro ha emanato un’apposita circolare che fornisce una serie di importanti chiarimenti sul tema, alcuni dei quali si discostano dalle prime interpretazioni date all’intervento normativo.

Le modifiche

Procedendo riassuntivamente per punti, evidenziando quelli di maggior interesse, è confermata:

  1. la durata massima di 24 mesi dei rapporti di lavoro a tempo determinato che intercorrono tra medesimo datore di lavoro e lavoratore, fatte salve eventuali diverse disposizioni da parte del Ccnl e l’eventuale stipula presso l’Itl di un ulteriore contratto a termine di 12 mesi;
  2. la limitazione a un numero massimo di 4 proroghe nell’arco dei suddetti 24 mesi;
  3. la disciplina dei cd. stop & go tra un contratto a termine e il seguente, con il medesimo lavoratore.

D’altro canto, vengono apportate le seguenti modifiche:

  1. sono soppresse le “vecchie” causali di cui all’art. 19, c. 1, D.Lgs n. 81/2015, richieste per il superamento dei 12 mesi di rapporto. Le nuove causali da utilizzare saranno quelle previste dalla contrattazione collettiva (Ccnl) di qualsiasi livello; 
  2. in assenza delle causali di cui al punto a), o in presenza di Ccnl che rimanda alle causali di cui all’art. 19, c. 1, D.Lgs. n. 81/2015, le parti (datore di lavoro e lavoratore) potranno autonomamente individuare specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva ai fini del superamento dei 12 mesi, ma questo solo fino al 30 aprile 2024. Il predetto termine è da riferire al momento dell’apposizione della causale e pertanto il rapporto potrà spingersi anche oltre tale data;
  3. è confermata la possibilità di ricorrere alla causale “per sostituzione” sebbene vi sia una formulazione differente a livello letterale; resta ferma in ogni caso la necessità di esporre le ragioni concrete ed effettive della sostituzione, a maggior ragione se necessarie al fine del godimento di benefici contributivi;
  4. vi è un’assimilazione della disciplina di proroghe e rinnovi, per entrambe le quali oggi è prevista l’acausalità nei primi 12 mesi di rapporto, e la necessità di una causale in caso di superamento del predetto limite, a pena della trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato;
  5. vi è una “neutralizzazione” dei rapporti di lavoro intercorsi prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 48/2023: sia che si tratti nuovi contratti, di proroghe o rinnovi, laddove gli stessi siano stati stipulati prima del 5 maggio 2023, non si terrà in considerazione la durata del rapporto ai fini del raggiungimento dei 12 mesi acausali, fermo restando invece la durata massima di 24 mesi del rapporto. Di seguito si fornisce l’esempio utilizzato dalla Circolare ministeriale: “se successivamente al 5 maggio 2023 sia venuto a scadenza un contratto di lavoro a termine instaurato prima di tale data, lo stesso contratto, in virtù della disposizione entrata in vigore il 4 luglio 2023, potrà essere rinnovato o prorogato “liberamente” per ulteriori dodici mesi. Diversamente, sempre a titolo di esempio, se nel periodo intercorrente tra il 5 maggio 2023 e il 4 luglio 2023 - data di entrata in vigore del comma 1-ter – le parti abbiano già rinnovato o prorogato un rapporto di lavoro a termine per sei mesi, le stesse avranno la possibilità di fare ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo non superiore a sei mesi “senza condizioni”. È dunque al momento in cui è stato stipulato il contratto di lavoro – se anteriormente al 5 maggio 2023 o a decorrere da tale data – che deve farsi riferimento per l’applicazione di questa previsione”;
  6. In materia di somministrazione, è chiarito che non rientrano nella limitazione del 20% i lavoratori somministrati assunti con contratto di apprendistato dall’Agenzia di somministrazione; tale limite non si deve applicare nemmeno per la somministrazione a tempo indeterminato dei lavoratori cosiddetti “svantaggiati”, “molto svantaggiati” o di soggetti disoccupati che fruiscono da almeno 6 mesi di trattamento di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali.

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