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Articolo di Marco Tuscano per la Rivista Sintesi: Alcuni “semplici” motivi per stimolare la certificazione della PARITÀ DI GENERE

Alcuni “semplici” motivi per stimolare la certificazione della PARITÀ DI GENERE

di Marco Tuscano - Consulente del Lavoro in Brescia.

Rivista Sintesi Marzo 2023. 

Ne è passato di tempo dalle faticose lotte italiane per il ruolo della donna , dalle battaglie per il suffragio , da quando l’affacciarsi della donna alla vita sociale era visto con “più di un sospetto malevolo per questa sovraesposizione femminile in territorio maschile e per una altrimenti inaudita promiscuità”, tanto che pensare di avere ancora oggi l’esigenza e il dovere di parlare di parità di genere sembra una follia. Eppure, è così. Non sempre con il tempo si sistema tutto e non sempre il tempo cura le ferite. Riconoscere, ancora oggi, la persistente necessità di mettere in atto quelle azioni positive volte ad assicurare l’eguaglianza sostanziale (in questo caso tra donna e uomo), così come sancito dall’art. 3, comma 2 della Costituzione, è un qualcosa che arreca tristezza. Soprattutto se si pensa che già 50 anni fa si ravvisava l’insopportabile squilibrio di genere, caratterizzato ad esempio dalla “supremazia maritale” , che portava alla Riforma del diritto di famiglia di cui alla L. n. 151/1975. Ma è così, ce lo dicono e confermano studi , indici e analisi che ci schiaffeggiano con la dura realtà. Una realtà che denota in Italia un gender gap presente in linea generale, oltreché riferibile più specificatamente al mondo del lavoro, nonostante già nel 1975, con la surrichiamata Riforma, si riconosceva come “Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo” . D’altra parte, “Che il mercato del lavoro, lasciato alle sue spontanee dinamiche e fluttuazioni, possa incoraggiare differenze di trattamento e disuguaglianze, è in sé e per sé inconfutabile ed appare un dato per così dire normale” , non esistendo peraltro un reale principio generale di parità di trattamento; tuttavia tale dato manifesta l’esigenza improrogabile di un non facile cambio di cultura, così da abbattere “gran parte degli stereotipi e degli orientamenti che nei luoghi di lavoro spesso bloccano le donne in posizioni subalterne e di servizio”. Invero, in questo momento storico, obiettivi impegni e fondi sembrano convergere tutti fortemente al “sostegno del principio della parità di genere in tutte le sue forme e attività” (oltreché verso ulteriori temi certamente sensibili, quali l’ambiente e la sostenibilità). In particolare, tra i tanti:

- Agenda 2030, all’obiettivo n. 5, mira a “Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze”.

- Il Pnrr considera la parità di genere tra le tre priorità principali e trasversali in termini di inclusione sociale.

Ebbene, tenuto conto di tutto quanto detto, oggi come Consulenti del Lavoro abbiamo una possibilità, da tramutare in missione: stimolare la parità di genere consigliando la relativa certificazione di cui all’art. 46-bis, comma 1, D.lgs. n. 198/2006, posto che “La misura ha lo scopo di assicurare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ridurre il gender pay gap attraverso la creazione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere, che dovrà migliorare le condizioni di lavoro delle donne anche in termini qualitativi, di remunerazione e di ruolo e promuovere la trasparenza sui processi lavorativi nelle imprese”. Suggerire la certificazione, quindi, come riconoscimento di un comportamento meritevole. Come la giusta medaglia consegnata “al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere”. Un attestato che non è, come evidente, solo di facciata, ma che è frutto di un apposito Tavolo di lavoro sulla certificazione di genere, coordinato dal Dipartimento per le Pari Opportunità in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero dello Sviluppo Economico, e pertanto fortemente valevole. E non si tratta di incentivare la certificazione solo perché foriera di tante agevolazioni e trattamenti di favore per il datore di lavoro ottemperante. Come, d’altra parte, non si intende stimolare il comportamento per le correlate nuove opportunità professionali per il Consulente del Lavoro, certamente presenti e indubbiamente stimolanti. Ma è, soprattutto, per motivi dai tratti ben più nobili ed etici: il rispetto della Costituzione, il rispetto della Storia e il rispetto di chi ha lottato e ha sofferto per piccoli e grandi traguardi, talvolta dati per scontati.

 

 

Link:  https://consulentidellavoro.mi.it/documenti/marzo-2023/ 


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